Come l’emergenza sanitaria cambia il nostro modo di aiutare gli altri
La pandemia del Covid-19 si sta manifestando non solo come un’emergenza sanitaria globale, ma anche come una grande sfida di leadership e di comunicazione istituzionale che, con tutta probabilità, nei prossimi anni modificherà alcuni equilibri geopolitici.
Quello che possiamo osservare fin d’ora è che alla difficoltà dei governi di pianificare una strategia di gestione dell’emergenza è corrisposto uno straordinario vento di altruismo, spontaneo e dal basso. La risposta dei cittadini delle società occidentali alla malattia è stata immediata e consistente: ovunque si sono aperti canali per donare denaro, beni e servizi, a favore delle strutture sanitarie, della protezione civile, dei governi locali. Aiuti che servono a reperire in fretta materiale sanitario (mascherine, ventilatori, …) ma anche tutto ciò che può aiutare a sostentare il lavoro inarrestabile di medici e infermieri che osserviamo ogni giorno.
A livello globale l’Organizzazione Mondiale della Sanità, Fondazione Nazioni Unite e Swiss Philanthropy Foundation hanno lanciato il fondo Solidarity response fund per raccogliere donazioni a favore di interventi per sconfiggere il virus nei vari Paesi. Dalla ricerca sullo sviluppo di vaccini e terapie farmacologiche alla raccolta dei dati sulla diffusione del virus e l’acquisto di dispositivi medici e apparecchiature per le terapie intensive, il fondo si sta rapidamente espandendo e, recentemente, Facebook ne ha annunciato l’adesione con una donazione di 10 milioni di dollari.
In Italia, il paese per ora maggiormente colpito dal Covid-19 (stando ai dati ufficiali), Assifero e Italia non profit hanno creato la piattaforma digitale Coronavirus: filantropia a sistema per aggregare tutte le informazioni sulle donazioni già effettuate e le indicazioni per chi volesse donare. Ad oggi sono stati devoluti oltre 366 milioni di euro con 237 iniziative mappate e 198 donatori/promotori. Di queste iniziative oltre la metà sono a favore di ospedali, seguono enti non profit, cittadini/famiglie e la protezione civile. Si tratta prevalentemente trasferimenti in denaro (48,9%) e secondariamente di donazioni di beni, di servizi, fondi e bandi. Le donazioni provengono per la maggior parte da aziende (51,4%), poi da fondazioni (30,8%), da enti non profit (8,8%), da privati (3%) e altre categorie (6%).
Tutto questo dimostra che la solidarietà non è solo un principio etico formale che compare nelle nostre carte costituzionali, ma soprattutto un impegno tangibile, un valore sincero che ci appartiene come esseri umani che convivono in una società dove ogni singola persona deve essere tutelata. La pandemia abbassa le gerarchie e riduce le distanze sociali e facilita quel tipo di comunicazione empatica che i maestri zen giapponesi indicano come “i shin den shin”, “da cuore a cuore”. Una comprensione reciproca non verbale che unisce gli esseri umani quando si riconoscono come simili, incuranti delle differenze di ogni tipo che in condizioni di normalità tenderebbero a separarci.
“Mai come ora di fronte alla dolorosissima lezione che la pandemia ci sta insegnando c’è bisogno di fare sistema, di mettere in rete, di promuovere circolarità delle informazioni e possibilmente attivare sinapsi e innescare collaborazioni per proteggere i più vulnerabili”, ha dichiarato Carola Carazzone, segretario generale di Assifero.
Certo è che nell’individualità di ciascuna delle nostre case, abbiamo tutti un’occasione irripetibile per fermarci un momento e riflettere sulla nostra contemporaneità e ciò che desideriamo immaginare per il prossimo futuro. Forse, come afferma l’antropologo Marco Aime, qualche presupposto dell’antropocentrismo estremo delle nostre società cadrà e lascerà spazio a proposte più ecologiche e sostenibili. Qualcosa che la generation Z avverte molto bene già da qualche tempo.
Mai come in questo momento di emergenza ciò che conta è essere presenti: chiudersi in casa non significa ritirarsi. C’è spazio per ognuno di noi, ognuno per quello che sa e può fare, con ordine e impegno attivo.
Io credo che la filantropia sia e debba continuare a essere sinonimo di solidarietà, generosità e unione. La generosità è un motore potente per avviare nuove imprese, raggiungere mete inedite, creare stimoli diversi. Come scrisse Pier Mario Vello nel suo ultimo libro La società generosa:
“molto prima delle leggi, che regolano i rapporti tra cittadini, e molto più estesamente dei rapporti economici, che muovono le relazioni tra soggetti dotati d’interesse, la generosità si trova alla base dello “stare insieme” dei soggetti civili, siano essi persone o istituzioni. Esiste concretamente la possibilità di realizzare società che siano creative, efficienti e profittevoli e allo stesso tempo basate su espliciti rapporti di generosità non confinata”.
Questa è adesso la nostra opportunità. Lavoriamoci insieme!